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La mortalità per COVID-19 in Italia varia
per età del paziente, sesso e ondata pandemica
ondata

Si è fatta strada tra le principali notizie nel mondo della Ricerca in Italia il primo studio epidemiologico sulle cause di mortalità per COVID-19 nel nostro Paese condotto dai nostri colleghi Francesca Colombo, Francesca Minnai, Gianluca De Bellis dell’Istituto di Tecnologie Biomediche a Segrate (MI) e dal collega Tommaso Dragani dell’Unità di Epidemiologia genetica e farmacogenomica della Fondazione Irccs Istituto nazionale dei tumori di Milano.

Pubblicato, su “Scientific Reports” — rivista scientifica del gruppo “Nature” — questo studio studio che ha individuato – tramite l’analisi di oltre 4 milioni di pazienti positivi al Covid-19 della casistica italiana, diagnosticati tra gennaio 2020 e luglio 2021 – i fattori di rischio associati alla mortalità.

Si tratta del primo studio pubblicato su tutta la casistica nazionale, messa a disposizione dall’Istituto Superiore di Sanità.

L’analisi ha mostrato che ciascuna delle variabili analizzate ha influenzato in modo indipendente il rischio di morte per Covid-19. In particolare, nella serie complessiva, l’età è risultata essere il principale fattore di rischio per la mortalità, che nei gruppi di età superiore a 65 anni rispetto a un gruppo di riferimento di 15-44 anni è risultato addirittura superiore di cento volte, confermando che proteggere gli anziani dovrebbe essere una priorità nella gestione della pandemia.

Si è osservato inoltre un rischio di morte due volte superiore negli uomini rispetto alle donne; e – infine – i pazienti infettati dopo la prima ondata pandemica (cioè dopo il 30 giugno 2020) hanno mostrato un rischio di morte circa 3 volte inferiore a quello dei casi infettati durante la prima ondata.

“Questo risultato conferma e amplia i risultati di studi precedenti, condotti su casistiche di piccole dimensioni. Tuttavia la mancata disponibilità di altre informazioni cliniche, come ad esempio le co-morbidità dei pazienti o il tipo di trattamento, non ci hanno consentito di valutare l’effetto di altre variabili – oltre all’età, il sesso e il periodo di infezione – sulla sopravvivenza dei pazienti Covid-19. Ciò ha limitato la possibilità di individuare le categorie più a rischio di morte in seguito alla infezione da parte del coronavirus SARS-CoV-2, nella popolazione italiana”.

Francesca Colombo

Ancora, il collega Tommaso A. Dragani — già responsabile della s.s.d. Epidemiologia genetica e farmacogenomica dell’Istituto nazionale dei tumori — aggiunge:

“I risultati che abbiamo pubblicato evidenziano la necessità e l’urgenza di implementare un database nazionale per la raccolta delle informazioni cliniche e del decorso delle malattie comuni, in particolare di quelle trasmissibili, ma non solo. Un database nazionale, affiancato da una biobanca, come quelle che altri paesi hanno già implementato, costituirebbero un forte sostegno alla ricerca scientifica e uno strumento in più per il sistema sanitario e la salute pubblica”

Per ulteriori informazioni, si può contattare via email la collega Colombo tramite email francesca.colombo@itb.cnr.it.

Per chi volesse approfondire, l’articolo è disponibile per il download: